Legge n. 1 del 18 dissenbre 2024

Considerato 

La Repubblica Italiana, con propria legge n.212 del 2010, ha cancellato le sue stesse leggi del 1866 con le quali aveva indetto il voto popolare per l’annessione del Regno Lombardo-Veneto, ed anche quelle successive che convalidavano il risultato del voto e quindi decretavano che il territorio diveniva parte del Regno d’Italia. La cancellazione di tali leggi non è stato un errore perché infatti vi erano tre anni per ripristinarle e la questione era emersa con clamore anche nei principali media italiani.

Invero tali leggi italiane cancellate erano già insanabilmente nulle per diversi motivi. Innanzitutto le leggi di organizzazione del voto furono emanate dal Governo Italiano e pubblicate sulla loro Gazzetta Ufficiale ancor prima che i cittadini avessero espresso il consenso all’annessione, quindi erano emanate da un potere occupante senza autorità legale. Questo era avvenuto perché il Governo Italiano, sconfitto dalle truppe austro-venete a Custoza nel giugno 1866, e sconfitta la marina italiana dalla marina austro-veneta a Lissa nel luglio 1866, si ritrovò ugualmente a poter occupare il territorio, pur da vinto, in quanto abbandonato dall’amministrazione Imperiale asburgica che doveva radunare le forze a Sadowa per cercare inutilmente di resistere alla disfatta. L’occupazione italiana avvenne quindi senza resistenza, e vennero presi non solo il territorio, ma anche i beni, gli archivi e le finanze pubbliche, ed in seguito anche le ricchezze private dei cittadini del Lombardo-Veneto spinti con le tasse ad una emigrazione di massa. Il tutto iniziò con l’instaurazione di un governo fantoccio da parte del Commissario italiano, Thaon di Revel, che con la “camorra” illegalmente fece cedere la sovranità del Lombardo-Veneto al Regno d’Italia, come detto ancor prima del voto, per cui l’Italia rivendicò la rappresentanza politica pur non avendone alcun titolo.

In altre parole, non solo le cancellate leggi di organizzazione del voto vennero emanate da un Governo occupante senza alcun mandato internazionale che aveva invece la Francia, ma tali leggi servivano invero a frodare i diritti di libera consultazione dei cittadini stabiliti dal Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866. Che le modalità di voto impedissero l’espressione libera ne è riprova il fatto che il voto era palese, ossia il cittadino al seggio si trovava di fronte a due urne separate, una per il “sì”, e l’altra per il “no”, presidiate dai militari italiani in armi, e doveva votare senza segretezza rischiando il pestaggio (per altro già avvenuto in diversi casi) per cui non sorprende che ufficialmente soli 69 trovarono il coraggio di votare “no” .

L’obbiettivo di simulare un ampio consenso popolare all’annessione spinse il Governo italiano a barare sui voti in vari modi. Per esempio fu dato per legge italiana il diritto di voto ai soldati occupanti ed ai “volontari italiani” i quali votarono pure molte volte in diversi seggi, tanto da far risultare ovunque più votanti di quanti avessero diritto al voto.

Un altro esempio fu quello di limitare il voto dei veneti a ristrette categorie di persone di alto censo, e richiedere una età di 21 anni mentre per i volontari italiani, anche solo volontari non residenti, bastavano 16 anni d’età. 

Inoltre furono diffuse le intimidazioni e le minacce di morte ai rappresentanti veneti eletti precedentemente nella capitale Venezia, i quali dovevano essere quelli che ricevevano la sovranità dalla Francia, mentre questa fu data ai prescelti dal Commissario Thaon de Revel.

Anche nella terra ferma numerosi furono i casi riportati di violenze, e arresti a danno di chi propugnava il voto contrario all’annessione.

L’esito del finto voto era così ovvio che in molti casi non si provvide nemmeno al previsto spoglio delle schede e si acclamò l’Unità all’Italia appena chiuse le urne.

Altra riprova è che in Piazza San Marco a Venezia la bandiera italiana era issata ancor prima del voto.

Tutto ciò era stato preparato per mesi giacché l’Italia aveva legiferato come fosse casa sua stabilendo imposte e tasse, riformando i tribunali e le circoscrizioni, creando le lista di leva militare, ecc ecc.

Di fronte a tutto ciò il delegato della Francia a vigilare sul plebiscito, Le Beuf, fece una timida rimostranza al Napoleone II il quale gli comunicò di lasciar perdere che “Sono affari degli Italiani”. D’altra parte il Napoleone aveva ottenuto in cambio e senza voto, non solo Nizza e la Savoia, ma anche la garanzia di non dover restituire l’incredibile quantità di opere d’arte saccheggiate a Venezia nel 1797 e seguenti dal suo avo, il primo Napoleone.

Non bastasse quella ridicola messa in scena del voto dei soldati negli attuali Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Mantova, il Governo italiano violò il suddetto trattato di Vienna anche nel punto in cui prevedeva il voto di tutti i cittadini dell’intero Lombardo-Veneto, ossia anche di quella regione Lombardia (esclusa Mantova) dove al tempo risiedevano la maggior parte dei cittadini del Regno Lombardo-Veneto che però erano stati militarmente occupati già dal 1859. Tuttavia essi non avevano mai votato per l’annessione, quindi restava il problema della violazione del diritto di autogoverno dei popoli già allora in vigore nel diritto internazionale, cosa che veniva discussa dalle cancellerie, ma l’Italia semplicemente se ne fregò come fece poi in seguito con molti altri Stati che invase in violazione della legge internazionale. Occorre precisare che nel 1859 furono le truppe franco-piemontesi ad invadere la Lombardia, principalmente truppe francesi, ironicamente ricordate dall’ ”Arco della Pace” di Milano, che poi vennero in seguito sostituite da quelle del Regno di Sardegna poi rinominato Regno d’Italia, ma il voto per l’annessione non si svolse mai ed ecco spiegato, solo 7 anni dopo, il silenzio francese sui brogli italiani per l’annessione e ssull’esclusione dal voto della Lombardia.

Dunque indipendentemente dai brogli che avvenivano nella parte di territorio convocata illegalmente, il fatto di non aver chiamato al voto i cittadini della Lombardia ha fatto comunque venir meno il quorum necessario per la validità internazionale del plebiscito del 1866 essendo che in Lombardia abitava oltre il 50% della popolazione del Lombardo-Veneto. Quindi l’intero plebiscito è comunque invalido.

Mancando fin dall’origine una qualunque legittimità dello Stato italiano nel Lombardo-Veneto, nemmeno di tipo politico, ogni suo provvedimento è invalido originariamente, e non può convalescere sia perché in violazione del diritto internazionale all’integrità territoriale degli Stati, sia per violazione del diritto di autogoverno dei popoli (già vigente nel 1859), sia dal diritto internazionale contemporaneo che con lo Statuto dell’ONU del 1945 e l’affermazione del diritto di autodeterminazione dei popoli nel 1966 rende invalida ogni forma di colonizzazione quale quella presente del Lombardo-Veneto.

Da tale nullità ed insanabilità è affetto anche ogni atto che derivi dall’occupazione italiana intesa come l’insieme degli atti di enti dipendenti dallo Stato Italiano, così come nulli sono gli atti di enti che agiscono sul territorio in virtù di un accordo con esso anche non scritto, quindi anche gli atti degli enti che comunque abbiano succeduto o dipendenti o alleati o in qualunque modo apparentemente legittimati dallo Stato.

Tale nullità attualmente si estende quindi anche all’Unione Europea, alla NATO, all’ONU e alle entità loro collegate o sinergiche come la BIS, WTO, il WEF, ecc, genericamente definiti l’Occidente collettivo, o a coloro che comunque agiscono nel territorio in virtù di accordi taciti o espliciti con lo Stato Italiano o su sua delega, e questo fin tanto che il Lombardo-Veneto, tornato libero e sovrano, una volta determinata una propria rappresentanza internazionale, non decida con referendum di aderire liberamente a tali organismi.

Sono nulli anche gli atti fra privati realizzati in virtù di tali leggi degli occupanti abusivi, a meno che non vengano rispettate le condizioni che dettano le leggi del lombardo-veneto. 

La suddetta nullità legale di tutti gli atti nel territorio Lombardo Veneto direttamente o indirettamente derivanti dallo Stato Italiano (e le sue leggi) o dai suoi alleati è già stata più volte ribadita in varie forme sia dalle Istituzioni di “Autogoverno del popolo veneto” (istituito con l’autodeterminazione legale del 1999 e legittimate anche attraverso un processo politico elettorale nazionale), sia dalla rideterminazione dell’indipendenza del Lombardo-Veneto del 2006, sia negli atti da cui deriva la nostra libertà e sovranità di statuto politico internazionale.

L’occupazione italiana e dell’occidente collettivo storicamente ha gradualmente aggiunto alla repressione militare anche la repressione e lo sfruttamento economico, la cancellazione storica e culturale del Lombardo-Veneto e le sue nazioni, la negazione dei diritti linguistici e della parità sociale, la devastazione chimico-fisica dell’ambiente, il danno alla salute, e si è realizzata con tecniche di terrorismo, compreso l’uso della violenza non solo di partiti, ma anche istituzionalmente organizzata, e tramite la strisciante forma di collocamento forzoso di gruppi etnici allogeni. Tutto ciò configura complessivamente una forma di sistematica lesione grave all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo e la realizzazione di condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale.

Questo considerato, l’Assemblea Delibera 

Art. 1- La presente legge del Lombardo-Veneto impone ad ogni responsabile di un atto amministrativo o fiscale o di altro genere effettuato nel Lombardo-Veneto di affermare per iscritto che si devono rispettare le leggi del Lombardo-Veneto.

Art. 2- Il mancato rispetto del precedente articolo rende l’autore corresponsabile e perseguibile del danno causato, sia penalmente che civilmente. Il reato e la risarcibilità dei danneggiati sono senza prescrizione.

Art. 3- In ogni sede, anche di contenzioso privato, sono nulli gli atti regolati dalla legge dello Stato Italiano e da norme dell’occidente collettivo come sopra definito, e chiunque ne affermi l’efficacia di fatto è tenuto a risarcire il danno civile, economico, sociale, morale e politico che ne derivi per un ammontare almeno doppio del danno procurato e secondo giurisprudenza e con minimo di Euro 1000.

Art. 4- Le Istituzioni italiane e quelle ad esso alleate, devono provvedere immediatamente al passaggio dei poteri effettivi al Governo del Lombardo-Veneto, secondo le modalità che da quest’ultimo verranno indicate dopo essere stato contattato, e verranno attuate nella figura del suo Presidente o del suo specifico delegato.

Art. 5- Lo Stato Italiano è responsabile della ordinata decolonizzazione e deve garantire che nessuno venga molestato nei suoi diritti e nella vita privata. Per il ritardo nell’eseguire questi doveri lo Stato Italiano verrà multato dalla pubblicazione della legge per Euro 10.000.000.000 al giorno, con pagamento immediato o tasso di mora del 15% annuo, salvo che questo non realizzi un peggior danno.

Art. 6- Sono posti automaticamente sotto sequestro tutti i mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio, canali TV, anche via Web e Reti Social) che censureranno la notizia di questa legge o non la diffonderanno quando richiesti da chiunque lo volesse. La sanzione è proporzionale all’importanza del media interessato per € 10.000/al giorno per milione di persone di utenza. Il dissequestro si ottiene tramite ricorso al Tribunale del Popolo Veneto e regolarizzazione degli adempimenti dovuti.

La presente legge entra in vigore appena pubblicata.


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Asenblea del Popoło Véneto